RUNNER’S HIGH
L’euforia del corridore
Run ! Run! Run!
Correva l’anno… sorvoliamo, che ne dite? Non è poi così importante ai fini della storia.
Un sabato sera, eravamo una decina, a casa di un amico. Marco, non so quale lo spunto, mi parla della corsa, del piacere di correre. Aveva iniziato gradualmente, seguendo un programma settimanale. “Sai, con l’allenamento costante, sono riuscito a rompere il fiato, fino a conversare correndo! La corsa mi scarica, mi rilassa...”. Mentre parlava gli si leggeva nello sguardo la voglia di raccontare la sua avventura, di trasmettere la sua passione, di contagiarti.
Dopo due anni di bodybuiding, al chiuso, tra “odori e respiri di dubbio gusto”, mi si presentava una valida naturale alternativa. Incuriosita, gli chiedo di passarmi il programma.
Una fotocopia tra le mani. Eh, allora? Ora era il caso di porlo in atto, il programma. Da sola? Secondo Marco, sarebbe stato meglio in compagnia, per sentirsi spronati al dovere, che, a sentir lui, si sarebbe ben presto rivelato un piacere impagabile, oltre che “gratuito”.
Sveglia alle 6,00 per andare a correre. D'inverno, se non hai un appuntamento, sfido chiunque a farlo. Dove poi? Nel mio natio piccolo paese di vallata non c’erano strade idonee.
Così, mi metto a cercar compagnia. Per farla breve, dopo vari tentativi, contatti, rimestio tra le mie poche conoscenze, finalmente arrivo a lei, Francesca, con i suoi capelli lunghi, la sua simpatia, la sua loquacità.
La mia "run friend".
I primi giorni, le prime settimane, si contavano i minuti di corsa da alternare a quelli di camminata, con un orologio al quarzo, nulla di tecnico. Eravamo concentrate sul ritmo, sul respiro, in assoluto silenzio.
La fotocopia chissà dov’è. Seguivamo un programma di questo tipo: facile per chi vuole iniziare.
Quante mattine di corsa, attraverso le stagioni dell’anno. E si parlava, eccome, cariche, entusiaste dei risultati ottenuti.
Avevamo un primato da difendere: le prime due donne a correre in un paesino, dove la corsa era ancora solo una prerogativa maschile. E, per giunta, con la voglia di correre, non essendoci, secondo i più, una motivazione valida: il peso forma.
Tanti i commenti.
Timidamente “Signorina, scusate, posso farvi una domanda? Siete così magra, perché correte?”
Spavaldamente “Andate a lavorare!”
Sono anni ormai che lungo quella strada, alle 6,00 del mattino, non ci siamo più noi, a correre. Quella strada è percorsa ad ogni ora del giorno, mi racconta Francesca, da donne di tutte le età, chi corre chi passeggia, da sole o in compagnia. Donne in movimento, che amano la natura e, spero, amino amare sé stesse.
Noi non corriamo più insieme. Ma, qualcosa ci è rimasto della corsa, l’amicizia.
Al momento, continuiamo a correre sulla strada della vita, talvolta piano talvolta di corsa, incrociandoci per condividerne momenti.
Io, dal canto mio, ho percorso chilometri e chilometri di corsa, su strade di pianura e sentieri di montagna, realizzando il mio sogno nel cassetto... " in due come i colpi del respiro", citando Erri De Luca.
La corsa è sentire la fatica, superare la soglia del dolore, spostare il limite sempre più in là, fartlek (speed play), divertimento puro a contatto con la natura., di fronte alla quale nulla importa la distanza, nulla la velocità.
Grazie, Marco!... ovunque tu sia!
Molti sportivi regolari, dopo uno sforzo di almeno 30/45 minuti, godono di una sensazione di benessere allo stato puro. Le endorfine, peptidi oppioidi endogeni, secrete dalla parte anteriore dell’ipofisi e dall’ipotalamo, raggiungono le aree cerebrali delle emozioni, si legano ai recettori μ e determinano una sensazione di euforia: il runner’s high.
La corsa ed altri sport di resistenza (nuoto, ciclismo, aerobica, etc) sono più endorfinogeni di altri.
Per più di 30 anni il runner’s high è rimasto un’ ipotesi (l’ipotesi delle endorfine, Morgan 1985).
Come dimostrare che ci fossero cause neurochimiche e non psicologiche?
Che il cambio dell’umore di uno sportivo fosse il risultato di effetti biochimici dell’esercizio fisico sul cervello (meccanismo oppioidergico centrale) e non una sensazione “di moda” tra gli amanti dello sport e i patiti della New Age?
Diverse ricerche sui meccanismi oppioidergici centrali indotti dall’attività fisica si basavano solo su misure indirette, come i livelli di β endorfina nel sangue periferico, livelli che risultavano fino a 5 volte superiori a quelli rilevati allo stato di riposo, ma non provavano alcun legame diretto tra esercizio fisico e rilascio di endorfine.
Ricercatori tedeschi, guidati dal Dr. Henning Boecker (Università di Bonn), si proposero di testare l’ipotesi delle endorfine, avvalendosi delle scansioni PET e del test VAMS.
Le scansioni PET con l’uso di un ligando oppioide, il [18F]FDPN, 6-O-(2-[18F]fluoroetil)-6-O-dismetildiprenorfina ([18F]FDPN, servivano per verificare e quantificare il rilascio oppioidergico endogeno centrale (attività endorfinica cerebrale) indotto dall’attività fisica, attraverso il numero di recettori oppioidi ancora liberi, e quindi disponibili per il tracciante.
Il test psicologico standard VAMS (Visual Analog Mood Scales, Scala analogica visiva dello stato dell’umore), serviva per misurare i cambiamenti di umore.
Pensarono di procedere con uno studio clinico a singolo cieco: i 10 corridori (maschi di età compresa tra i 33 e i 40 anni) non vennero informati sul reale scopo dello studio al quale avevano accettato di sottoporsi. Essi, infatti, pensavano di partecipare ad uno studio sui recettori oppioidi nel cervello non ad un’indagine sulla correlazione tra attivazione oppioidergica cerebrale e runner’s high. Era però necessario che i corridori selezionati avessero affermato, nel questionario cui erano stati sottoposti, di aver provato sensazioni simili al runner’s high, durante o dopo la corsa. Era inoltre necessario che tutti i partecipanti praticassero, da almeno 2 anni, un’ attività sportiva regolare (in questo caso la corsa), di almeno 4 ore a settimana, per assicurarsi che potessero partecipare allo studio senza incorrere in problemi di resistenza.
I 10 corridori vennero sottoposti a scansioni PET con preinezione del ligando aspecifico [18F]FDPN e a test VAMS, prima (a riposo) e dopo una corsa di 2 ore (21,5±4,7 km).
Ogni volontario veniva sottoposto a:
● scansioni [18F]FDPN PET: una allo stato di riposo e una dopo la corsa. L’ordine delle 2 PET era random per i partecipanti;
● test VAMS per la misura dello stato emotivo: prima e dopo la corsa, prima della PET allo stato di riposo e dopo lo studio PET, in condizioni normali di allenamento (cioè senza l’influenza della procedura scanner, a casa, in 3 giorni diversi).
Gli stati emotivi misurati dal test erano: tristezza, tensione, paura, rabbia, confusione, stanchezza, felicità, energia.
Gli estremi della scala di valutazione (in millimetri) erano per VAS euforia, ad esempio: “no euphoria at all” (a sinistra della scala) contro “strongest euphoria imaginable” (a destra della scala).
Dal confronto tra le immagini PET, indicative dell’attività endorfinica cerebrale e i dati VAMS, indicativi dell’umore, prima e dopo la corsa, emersero i primi dati in vivo a prova del runner’s high:
1. durante la corsa venivano rilasciate endorfine;
2. le endorfine si legavano ai recettori oppioidi (in particolare ai recettori μ) in aree del cervello associate alle emozioni (stato affettivo e umore), in particolare, le aree prefrontale e limbica/paralimbica;
3. la quantità di endorfine presenti nelle aree cerebrali frontolimbiche, rilevata dalle immagini PET, era proporzionale al grado di cambiamento dell’umore, rilevato nel corridore dal test psicologico VAMS: maggiore era lo stato di euforia “sentito” dal corridore dopo la corsa, maggiore era la quantità di endorfine rilevata nelle scansioni PET: correlazione inversa tra il legame del ligando (disponibilità di recettori oppioidi per il tracciante) e gli indici di euforia VAS nella corteccia prefrontale/orbitofrontale, nella corteccia cingolata anteriore, nella corteccia insulare/ parainsulare.
Nella scala VAMS di 9 valori, l’euforia e la felicità erano i soli valori che mostravano un cambiamento significativo in relazione all’attività fisica, in particolare i valori per l’euforia erano: 28.5 ± 17.4/100, allo stato di riposo; 37.6 ± 19.6/100, prima della corsa; 73.3 ± 13.2/100, dopo la corsa.
(H. Boecker et al., 2008 - fig1)
Correlazione tra il legame oppioidergico e l’ indice VAS di euforia nel corridore, in 3 regioni cerebrali: corteccia cingulata anteriore (ACC), corteccia orbito frontale (OFC), corteccia insulare (INS). Il legame del ligando [18F]FDPN PET nelle rispettive aree cerebrali è tracciato in relazione all’euforia percepita. Ascissa: indice VAS euforia da 0 a 100. Ordinata: distribuzione volumetrica (DV) del ligando (punti colorati: sezione assiale, coronale, trasversale).
(H. Boecker et al., 2008 - fig4 -, modificata da R. Pellegrino)
Dall'attività fisica (nello specifico, la corsa) allo stato di euforia, passando per le endorfie.
(R. Pellegrino, 2015)
Lo stesso Boeker diceva che era possibile “leggere” sul viso il cambiamento d’umore dei corridori dopo la corsa.
La quantità di endorfine rilasciate dipende dall’ intensità, dalla durata e dalla natura dell’attività fisica (componenti dell’attività fisica).
Varia inoltre da individuo ad individuo, in relazione a: età, genere, allenamento, temperatura corporea, ritmo circadiano, stato metabolico, ciclo mestruale, fattori esterni, fattori psicologici, etc
Non tutti, quindi, rispondono ad un’attività sportiva con un runnner’ s high.
Lo sportivo regolare, che trae benefici psicofisici dall’attività sportiva praticata, avverte talvolta sintomi di dipendenza. Essi sono, in questo caso, psicologici, non fisici perché le endorfine vengono velocemente catabolizzate. Il legame che si instaura tra lo sportivo e lo sport praticato è molto forte, quasi “affettivo”.
Del resto come si può rinunciare a qualcosa che ti fa sentire bene.
AUTORE: Rosa Pellegrino
BIBLIOGRAFIA
• Boecker H, Sprenger T, Spilker M.E, Henriksen G, Koppenhoefer M, Wagner KJ, Valet M, Berthele A, Tolle TR. (2008). The Runner's High: Opioidergic Mechanisms in the Human Brain. Cerebral Cortex. DOI: 10.1093/cercor/bhn013.
• Francis KT. (1983). The role of endorphins in exercise. A review of current knowledge. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy, 1983 - jospt.org